C'è un emergenza morti sul lavoro in Italia?
I dati Inail mostrano importanti progressi rispetto al passato, ma si potrebbe fare ancora meglio con più controlli
Uno dei referendum dell'8 e 9 giugno punta ad estendere la responsabilità per i rischi specifici del lavoro anche a chi appalta i lavori, non solo alle aziende che li eseguono materialmente, con l'obiettivo dichiarato di ridurre i subappalti e le vittime sul lavoro.
Ma quante persone muoiono davvero sul lavoro in Italia? E soprattutto, sono tante o poche rispetto al passato e agli altri paesi europei? I dati rivelano una realtà più complessa di quella che viene spesso presentata, fatta di progressi significativi, ma anche di margini per fare ancora meglio.
Quante sono le morti sul lavoro
Nel 2023 si sono registrati 1.187 morti sul lavoro, il quinto dato più basso degli ultimi 74 anni (da quando parte la serie storica dell'Inail)1. Il dato del 2024 non è ancora definitivo, ma al momento risultano 1.090 morti sul lavoro. Questo dato però sarà rivisto al rialzo per quegli infortuni avvenuti nel 2024, ma con la morte che avviene poi nel 2025.
In generale, però, se guardiamo i dati storici dal 1960 in poi, vediamo che c'è stata un'importante riduzione dei decessi tra il 1963 (con 4644 morti) e il 1982 (con 1666 morti) per poi avere una ripresa fino al 1989 con 2559 morti e poi un ulteriore calo fino al 1994 (1328 morti). Negli ultimi trent'anni non si sono registrati nel complesso grandi passi avanti, anche se in realtà c'era un andamento di calo tra 2001 e 2009 (1068 morti) interrotto poi dal 2009 (1503 morti). Con la pandemia di Covid-19 c'è stato un nuovo aumento, ma poi dei cali nel 2022, 2023 e per ora anche nel 2024.
In realtà il semplice numero assoluto dei morti sul lavoro non è completamente corretto a usare perché l'occupazione negli anni è cresciuta sensibilmente. Una correzione che si può fare è il numero di morti ogni 100 mila lavoratori. Facendolo vediamo che gli ultimi dati sono davvero tra i migliori di sempre. In questi ultimi anni c'è infatti stato un aumento dell'occupazione con oltre 800 mila nuovi occupati in più rispetto al 2019 e uno dei minori tassi di disoccupazione degli ultimi vent'anni.
Nel 2023 ci sono stati 5,03 morti sul lavoro ogni centomila occupati e solo nel 2008 e 2009 si fece meglio con rispettivamente 4,96 e 4,71. Il dato provvisorio del 2024 indica 4,55 morti ogni centomila occupati, che sarebbe il miglior dato di sempre. Il dato del 2023 è in calo del 20 per cento su 20 anni prima, del 27 per cento su 30 anni prima e del 42 per cento su quarant'anni prima.
Il confronto con l'Europa
Confrontare i diversi paesi europei non è semplice per via delle diverse strutture produttive. Ogni nazione ha una struttura economica diversa, con alcuni settori produttivi più rappresentati di altri. Questo squilibrio può falsare i dati.
Prendiamo un esempio concreto. Il settore manifatturiero e quello delle costruzioni sono statisticamente più pericolosi rispetto ai servizi o agli uffici: un operaio che lavora con macchinari pesanti o un muratore su un'impalcatura corrono rischi maggiori di un impiegato alla scrivania. Se un paese ha il 50 per cento della forza lavoro impiegata nelle costruzioni e un altro solo il 10 per cento, il primo registrerà inevitabilmente più incidenti mortali in termini assoluti, anche se applica standard di sicurezza identici o superiori.
Per superare questo ostacolo, Eurostat usa il "tasso di incidenza standardizzato". Questa metodologia elimina le distorsioni dovute alla diversa composizione economica dei paesi, permettendo un confronto equo. In pratica, si calcola quale sarebbe il tasso di mortalità di ogni nazione se tutti avessero la stessa identica distribuzione di lavoratori nei vari settori economici - come se si creasse un "paese europeo tipo" con percentuali fisse di operai, impiegati, agricoltori e così via.
Fatta questa lunga premessa, vediamo che il tasso standardizzato dell'Unione Europea è di 2,1 morti sul lavoro ogni 100 mila occupati e quello italiano è di 2,5. L'Italia ha quindi circa il 20 per cento in più di morti sul lavoro dell'Ue. Il tasso italiano è maggiore di quello della Germania che con 0,95 è il secondo più basso nell'Ue, dopo lo 0,43 dei Paesi Bassi, ma più basso di quello della Spagna (2,79) e meno della metà di quello della Francia che è di 4,38. Il paese più rischioso è Malta con 7,64 morti ogni 100 mila occupati. Con dati peggiori dell'Italia ci sono anche Portogallo (3,9), Austria (3,57), Romania (2,79). Fuori dall'Unione Europea, la Svizzera con 2,66 fa leggermente peggio di noi.
Quali sono i settori più pericolosi
Il settore con la maggiore incidenza di morti sul lavoro è l'agricoltura, silvicoltura e pesca con 7,8 morti ogni 100 mila occupati nel 2022, seguiti dal 6,8 dell'edilizia e dal 6,1 dei trasporti e magazzinaggio. Ci sono poi con un'incidenza della metà la fornitura idrica, gestione rifiuti e reti fognarie con 3,2 morti ogni 100 mila occupati e poi sotto i 2 troviamo le attività immobiliari (con un tasso triplo rispetto alla media Ue) e le attività manifatturiere e quelle amministrative e di esercizio di supporto.
Tra i settori a minore rischio ci sono le attività professionali, scientifiche e tecniche, le attività finanziarie e assicurative e l'istruzione.
Come si riducono le morti sul lavoro?
Piuttosto che emanare nuove leggi e indurire le pene – cosa che in Italia facciamo sistematicamente, convinti che sia la panacea di tutto – sarebbe più utile concentrare i controlli nelle zone dove il rischio è più alto. Uno studio pubblicato a gennaio da un gruppo di ricercatori dell’Università della Sapienza di Roma ("Dead Man Working") mostra che ispezioni e fondi pubblici per la sicurezza, così come sono distribuiti oggi, non finiscono dove servirebbero davvero. I ricercatori hanno usato tecniche di machine learning per analizzare i dati sui decessi sul lavoro in Italia dal 2017 al 2023, costruendo una mappa di rischio a livello locale. Il confronto tra questa mappa e la reale distribuzione di controlli e sussidi ha rivelato una discrepanza netta: lo Stato non interviene dove il pericolo è maggiore.
Ma quando lo fa, i risultati si vedono. Nelle province classificate come “ad alto rischio” dai modelli predittivi, un aumento delle ispezioni porta a una riduzione compresa tra 1,5 e 2,3 morti in meno ogni 100.000 abitanti. Fuori da queste aree, invece, l’effetto è nullo. Anche i fondi pubblici funzionano solo se assegnati con criterio: oggi possono coprire fino al 75 per cento dei costi per progetti sulla sicurezza, ma vengono distribuiti secondo criteri che ignorano il rischio effettivo, spesso favorendo imprese più strutturate o regioni con maggiore capacità amministrativa. Secondo lo studio, una riallocazione più intelligente delle ispezioni e dei sussidi potrebbe evitare il 10 per cento delle morti sul lavoro registrate in Italia.
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I dati delle morti del lavoro sono pubblicati dall'Inail in diversi dataset: dal 1995 al 2018, dal 2019 al 2023 e per il 2024. I dati sull'occupazione sono divisi in due: dal 1960 al 2015 e dal 2016 al 2024.