In Italia ci sono pochi laureati
Solo il 32 per cento dei giovani ha una laurea contro il 44 per cento della media UE. Nessuna regione italiana vicina all'obiettivo europeo fissato per il 2030
Solo il 32 per cento dei giovani tra i 25 e i 34 anni in Italia è laureato contro una media europea del 44 per cento. I dati Eurostat mostrano che l’Italia è il secondo peggior paese tra quelli dell’Unione Europea con solo la Romania che registra un dato peggiore1.
In Irlanda, Lussemburgo e Cipro a essere laureato tra i 25 e i 34 anni è almeno il 60 per cento della popolazione, in Lituania, Norvegia e Paesi Bassi sono tra il 55 e il 60 per cento. In Francia e Spagna è il 53 per cento. Anche la Germania che ha un dato sottomedia fa meglio dell’Italia con il 40 per cento. In Polonia è il 46 per cento, in Grecia il 45 per cento, in Austria il 44 per cento, in Portogallo, Slovenia e Estonia il 43 per cento.
Oltre ad avere pochi laureati, l’Italia è anche uno dei paesi con più persone che hanno al massimo la terza media: è il 19 per cento dei giovani tra i 25 e i 34 anni, il terzo dato dopo il 21 per cento romeno e il 25 per cento della Spagna. I migliori dati sono quelli della Croazia, Irlanda e Lituania sotto il 5 per cento, ma sotto il 10 per cento c sono anche Slovenia, Polonia, Svizzera e Lussemburgo. In Francia è l’11 per cento, in Germania il 16 per cento e la media europea è del 14 per cento.
Le buone notizie sono che comunque il livello medio di istruzione della popolazione giovane italiana sta aumentando. Trent’anni fa il 50 per cento dei giovani tra i 25 e i 34 anni aveva al massimo la terza media contro il 19 per cento attuale e solo l’8 per cento era laureato contro il 32 per cento di ora. Ad avere il diploma era il 42 per cento contro l’attuale 49 per cento.
Allo stesso tempo, il miglioramento sta avvenendo in tutta Europa. Per prendere un paese comparabile all’Italia come la Spagna, vediamo che in 30 anni chi ha al massimo la terza media è passato dal 55 al 25 per cento, i diplomati dal 22 al 23 per cento e i laureati dal 26 al 53 per cento. I dati sulla media dei paesi dell’Unione Europea partono non vanno così indietro, ma in vent’anni i laureati sono passati dal 23 al 44 per cento, i diplomati dal 53 al 42 per cento e chi ha la terza media dal 24 al 14 per cento.
L’Unione Europea ha come obiettivo di avere per il 2030 almeno il 45 per cento di laureati in ogni Stato. La media europea è sostanzialmente già in linea con il 44 per cento, ma a livello regionale ci sono grandi differenze e nessun’area del nostro paese è vicina a raggiungerlo. Le regioni messe meglio sono lazio, Emilia Romagna e Umbria con il 37 per cento di 25-34enni laureati, seguite da Friuli Venezia Giulia e Lombardia con il 35 per cento. Le peggiori sono Sicilia e Puglia con il 24 per cento, mentre con il 25 per cento c’è la oprovincia autonomia di Bolzano, mentre quella di Trento è al 33 per cento.
Nonostante le percepite difficoltà del mercato del lavoro italiano nell’assorbire adeguatamente i laureati, aumentare il numero di giovani con un titolo universitario resta una priorità economica e sociale. Con pochi laureati, il paese si trova davanti ad avere carenze di personale formato nei settori chiave che possono spingere la produttività italiana.
I dati mostrano che i laureati guadagnano più di chi ha si è fermato al diploma o alla terza media e hanno tassi di occupazione significativamente più alti, mentre studi della Banca d’Italia documentano che la presenza di lavoratori qualificati genera benefici di produttività per le imprese circostanti anche quando non trovano immediatamente un lavoro perfettamente coerente con la loro formazione.
Oltre ai rendimenti economici, l’istruzione universitaria porta vantaggi per l’intera società: i laureati vivono più a lungo, partecipano maggiormente alla vita civica e contribuiscono a ridurre la criminalità. L’esperienza di paesi come l’Irlanda e la Polonia dimostra che investimenti prolungati nell’istruzione universitaria, accompagnati da politiche per favorire l’innovazione e l’imprenditorialità, possono trasformare la struttura economica di un paese.
Il paese rischia così di rimanere intrappolato in un circolo vizioso: pochi laureati alimentano una struttura produttiva arretrata, che a sua volta non crea domanda per competenze elevate.
Per facilitare la lettura, tutti i dati percentuali sono stati arrotondati all’unità.


