L'occupazione in Italia aumenta e migliora, ma non tutto va ancora bene
Ci sono più occupati di prima e con contratti più stabili e a tempo pieno, ma salari e produttività rimangono un problema.
Nel 2024 in Italia ci sono stati in media 23,93 milioni di persone occupate, in aumento di 350 mila rispetto all'anno precedente. È il miglior dato mai registrato e arriva dopo quasi dieci anni di miglioramenti continui, concentrati in particolar modo nel periodo post-pandemia. Rispetto al 2019, in Italia ci sono oltre 800 mila occupati in più.
Il tasso di occupazione, che è dato dal rapporto delle persone occupate rispetto alla popolazione, tra i 15 e i 64 anni è pari al 62,2 per cento, il miglior dato italiano di sempre. Vent'anni fa era del 57,4 per cento, dieci anni fa del 55 per cento e ha iniziato a crescere in particolar modo dopo la pandemia. L'aumento si sta
verificando sia tra gli uomini dove è passato dal 68 al 71,1 per cento tra 2019 e 2024 sia tra le donne, dove è passato dal 50,2 al 53,3. Nonostante il miglioramento, rimane un dato storicamente basso per gli standard europei.
Tra 2019 e 2024, i dati per fascia anagrafica mostrano un miglioramento in tutte le classi di età, ma in particolar modo tra i più giovani e i più anziani. A fronte di un miglioramento complessivo del tasso di occupazione di 3,2 punti, quello tra i 25 e i 34enni è aumentato di 5 punti percentuali (dal 62,7 al 68,7 per cento), mentre tra i 55 e i 64 anni si è registrato un aumento di 4,9 punti percentuali (dal 54,1 al 59 per cento).
Il lavoro precario e part-time si sta riducendo
Nel 2024 in media in Italia c'erano 2,8 milioni di occupati con un contratto a tempo determinato, l'11,6 per cento del totale degli occupati. Il numero di contratti a tempo determinato è in calo da tre anni ed era sette anni che non era così basso rispetto al totale degli occupati.
Tra 2022 e 2024, i contratti a tempo determinato sono scesi di 1,6 punti percentuali e di 276 mila, mentre il numero degli occupati totali saliva di 900 mila contratti. A fronte quindi di un aumento dell'occupazione, si è avuta una riduzione del numero di persone con contratti a tempo determinato.
Anche il numero di lavoratori a tempo parziale sta scendendo. La serie dei dati Istat inizia solo nel 2018, ma vediamo che quell'anno c'erano 4,3 milioni di occupati a tempo parziale contro i 4,1 milioni del 2024. In sette anni i tempi parziali sono passati dal rappresentare il 18,5 per cento al 17,1 per cento del totale degli occupati.
Il picco di occupazione part-time la si ha tra i 15 e i 34 anni dove è il 18,9 per cento ad avere un contratto a tempo parziale, dato che scende al 16,8 per cento tra i 35 e i 49 anni e al 15,4 per cento tra i 50 e i 64 anni. Tra gli uomini è solo il 7,5 per cento ad avere un contratto a tempo parziale, mentre tra le donne il 30 per cento.
Le micro-imprese stanno diventando meno importanti
Negli ultimi dieci anni il peso delle micro-imprese sul totale dell'occupazione, pur rimanendo alto, è sceso. Nel 2012 le imprese con al massimo nove dipendenti occupavano il 46,7 per cento del totale degli occupati, mentre nel 2023 questa percentuale è scesa al 41,1 per cento. Allo stesso tempo le imprese tra i 50 e i 249 dipendenti sono passate dal rappresentare il 12,5 al 14,2 per cento del totale dei dipendenti, mentre sopra i 250 dipendenti sono passate dal 20,9 al 23,6 per cento di tutti i dipendenti. Le aziende tra i 10 e i 49 dipendenti sono rimaste più o meno stabili passando dal 20 al 20,8 per cento dei dipendenti.
Le micro-imprese rimangono comunque rilevanti. In numeri assoluti, nel 2023 impiegavano 7,7 milioni di persone contro i 4,4 milioni di quelle sopra i 250 dipendenti, i 3,9 milioni di quelle tra i 10 e i 49 dipendenti e i 2,7 milioni di quelle tra i 50 e i 249 dipendenti.
Ma perché è importante? Perché le micro-imprese sono poco produttive e non hanno le risorse per avere economie di scala e non crescono. Questo porta al fatto che offrano mediamente stipendi inferiori ai dipendenti contribuendo così al basso livello dei salari in Italia. In media le imprese con al massimo 9 dipendenti pagano 13,9 euro lordi per ora lavorata contro i 16,2 euro di quelle tra i 10 e i 49 dipendenti, i 19,2 euro tra i 50 e 249 dipendenti e i 21,3 euro sopra i 250 dipendenti.
Oltre a pagare meno, hanno anche meno ore lavorate: in media le imprese sotto i 10 dipendenti hanno 1.390 ore lavorate all'anno (pari a 28 settimane da 40 ore), quelle da 10-49 dipendenti 1600 ore (32 settimane), quelle tra 50 e 249 dipendenti 1650 ore (33 settimane) e quelle sopra i 250 lavoratori 1552 (31 settimane).
Non tutto va ancora bene
Nonostante i chiari dati positivi del mercato del lavoro, non va ancora tutto bene. Abbiamo già parlato molte volte del problema salariale in Italia. Gli stipendi nel nostro paese sono infatti più bassi che nel resto dei grandi paesi europei, non crescono da trent'anni e l'imposizione fiscale e contributiva è molto alta, in particolar modo per i redditi sopra la media.
L'altro problema, direttamente legato a questo, è la produttività. Con produttività possiamo riferirci a diversi indicatori, qui consideriamo la “produttività reale per ore lavorate”. Questo indicatore ci permette di misurare i livelli di produttività al netto del numero di ore lavorate o all’incidenza del lavoro part-time.
I dati Eurostat ci mostrano che la produttività italiana nel 2024 è la stessa del 2005 e rispetto al 1995 è cresciuta solo del 7 per cento, mentre in Francia è aumentata del 27 per cento, in Spagna del 19 per cento e in Germania del 34 per cento. La produttività italiana del 2024 è inferiore a quella dei precedenti quattro anni. Come ha spiegato Istat nel suo rapporto annuale, "questa crescita [occupazionale] è stata sostenuta soprattutto dalle attività dei servizi a basso contenuto tecnologico e ad alta intensità di lavoro, e non compensata dall’espansione delle attività a produttività elevata".
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